Perché gli studenti non ascoltano più come una volta

Insegnante parla in classe con studenti attenti e partecipi.

È vero che gli studenti non ascoltano più?

Molti insegnanti si trovano a dirlo, quasi come un mantra: “Non ascoltano più come prima.”
Ma se cambiamo prospettiva, ci accorgiamo che non è l’ascolto ad essere sparito, è cambiato il modo in cui funziona.
Il cervello dei ragazzi di oggi è immerso in un flusso continuo di stimoli digitali, rapidi e multisensoriali.
Quando arrivano in aula, il linguaggio lineare e verbale della lezione tradizionale entra in conflitto con la loro abitudine a processare immagini, suoni e interazioni immediate.
Non è disattenzione cronica, ma una diversa organizzazione cognitiva dell’attenzione.
La scuola è rimasta lineare in un mondo che comunica per connessioni.

Cosa succede nel cervello di uno studente distratto?

Quando uno studente “smette di ascoltare”, non si disconnette dalla realtà: si connette a qualcos’altro.
Le neuroscienze spiegano che l’attenzione non è un interruttore, ma una rete dinamica.
Ogni suono, immagine o emozione compete per la stessa risorsa cerebrale.
Il cervello sceglie di focalizzarsi su ciò che ritiene rilevante per sé, non necessariamente su ciò che l’insegnante sta spiegando.
Ecco perché l’emozione e il senso personale sono essenziali per mantenere l’attenzione.
Diversi studi, come quello di Tyng et al. (2017) pubblicato su Frontiers in Psychology, mostrano che le emozioni influenzano in modo significativo l’attenzione e la memoria, rendendo più efficace l’apprendimento quando i contenuti vengono vissuti come esperienze significative. (fonte)

👉 Trucco cognitivo: all’inizio di una spiegazione, racconta un piccolo aneddoto o una curiosità che “accende” l’emozione. Bastano 20 secondi di curiosità per riattivare la memoria di lavoro.

Perché le nuove generazioni sembrano meno interessate?

Non è mancanza di interesse, ma cambiamento di stimoli.
Gli studenti di oggi vivono in una realtà dove ogni contenuto compete per l’attenzione.
Sui social, le informazioni sono brevi, veloci, personalizzate. A scuola, invece, il ritmo è lento, uniforme, collettivo.
Il salto è enorme.
Se il linguaggio non cambia, il messaggio non arriva.
Per catturare l’attenzione, serve parlare la lingua dell’esperienza, non solo quella del programma.
Una lezione è efficace quando risponde, anche implicitamente, alla domanda che ogni studente ha in testa: “Perché mi serve sapere questo?”

La storia di Elena: come ha ritrovato l’ascolto in classe

Elena insegna storia in un liceo da più di vent’anni.
Racconta: “Un tempo bastava dire ‘aprite il libro’, e mi seguivano. Oggi guardano giù, prendono il telefono, si distraggono.”
Durante un percorso di formazione con Felicemente a Scuola, Elena ha scoperto che il problema non era la distrazione, ma la mancanza di connessione emotiva.
Ha deciso di provare qualcosa di diverso.
All’inizio di ogni lezione, invece di iniziare dal programma, ha cominciato con una domanda semplice ma potente:
“Secondo voi, cosa sarebbe successo oggi se questo evento storico non fosse avvenuto?”
In pochi giorni ha notato un cambiamento: gli studenti partecipavano, commentavano, ridevano.
Non aveva cambiato la materia, ma il modo di attivare la curiosità.
Oggi Elena dice: “Non chiedetemi più se ascoltano come una volta. Ascoltano meglio, ma solo se li facciamo entrare nella storia.”

Come puoi riattivare l’ascolto in classe?

Ecco alcuni strumenti pratici e realistici:

  • Crea un aggancio emotivo. Inizia ogni lezione con una domanda o una storia che faccia pensare.
  • Spezza la monotonia. Alterna parola, immagini e attività brevi: il cervello ama la varietà.
  • Dai spazio al movimento. Anche alzarsi per un minuto o scrivere alla lavagna ricarica l’attenzione.
  • Sottolinea il “perché”. Spiega sempre a cosa serve ciò che stai insegnando.
  • Ascolta tu per primo. La reciprocità dell’ascolto è contagiosa.

Non servono strategie complesse: basta creare connessioni vive tra contenuto e persona.

Come aiuta il metodo Felicemente a Scuola

Il metodo Felicemente a Scuola lavora proprio su questo: riconnettere la relazione educativa al funzionamento reale del cervello.
Attraverso percorsi formativi su empatia, neuroscienze e dinamiche relazionali, gli insegnanti imparano a leggere l’aula come un organismo vivente.
L’obiettivo non è più “tenere l’attenzione”, ma nutrirla.
Quando un insegnante capisce che dietro la distrazione c’è un bisogno, non una sfida personale, tutto cambia.
L’ascolto non si impone: si invita.

Gli studenti ascoltano ancora, ma in modo diverso

La domanda non è più “come farli ascoltare”, ma “come parlare al loro cervello e al loro cuore”.
Gli studenti di oggi ascoltano chi li fa sentire coinvolti, chi rende le parole esperienze.
La vera sfida dell’insegnamento moderno è questa: trasformare l’attenzione in relazione.

Ti è piaciuto l'articolo? Condividilo!

Articoli che ti possono interessare

Richiedi una presentazione nella tua scuola

Sei un dirigente scolastico o un docente referente con la possibilità di proporre progetti formativi? 

Il nostro percorso aiuta le scuole a diventare spazi vivi, dove si impara con piacere e si sta bene.
Se puoi proporre iniziative nella tua scuola, ti invitiamo a richiedere una presentazione pensata su misura per voi, così potremo capire insieme se è il momento giusto per iniziare a lavorare insieme.