Perché i telefoni a scuola sono ancora un tema discusso?
Ogni anno si riapre lo stesso dibattito: i cellulari vanno vietati o no in classe? Alcuni insegnanti li vedono come la radice di tutti i problemi: distrazione, calo dell’attenzione, perdita di tempo. Altri li considerano strumenti ormai inevitabili, che vanno educati e non demonizzati. La questione divide, ma una cosa è certa: il divieto assoluto non ha mai risolto il problema.
In molte scuole dove lavoriamo con il progetto Felicemente a Scuola gli studenti raccontano che, anche quando i telefoni vengono proibiti, trovano comunque il modo di usarli: nei bagni, negli intervalli, di nascosto sotto i banchi. Il risultato? I ragazzi imparano solo ad aggirare le regole, non a gestire davvero lo strumento.
Cosa succede quando si impone solo un divieto?
Un divieto senza spiegazione trasmette un messaggio chiaro: “la scuola non capisce”. In questo modo si crea distanza tra studenti e insegnanti. I ragazzi imparano a vivere la tecnologia come qualcosa da nascondere, e non come un tema di cui si può parlare apertamente.
Un insegnante di Bergamo ci ha raccontato un episodio emblematico. Dopo aver confiscato il telefono a uno studente, ha scoperto che il ragazzo usava quel dispositivo anche per leggere le mappe concettuali fatte da lui stesso per studiare. Il divieto, in quel caso, non solo non aveva risolto nulla, ma aveva tolto allo studente un supporto utile. L’insegnante ha poi cambiato approccio: invece di proibire, ha stabilito insieme alla classe momenti precisi in cui il cellulare poteva essere usato come strumento di lavoro. Da quel giorno, gli episodi di uso scorretto si sono ridotti.
Cosa prevede la normativa Valditara del 2025?
Il 1° settembre 2025 è entrato in vigore il divieto nazionale di utilizzo dei cellulari nelle scuole secondarie di secondo grado, durante tutto l’orario scolastico. La misura è stata introdotta con la Circolare n. 3392 del 16 giugno 2025, che segue la nota ministeriale n. 5274 dell’11 luglio 2024 (ecampusrende.it).
Il divieto non è però assoluto: sono previste eccezioni per studenti con disabilità (PEI), con disturbi specifici dell’apprendimento (PDP) e per alcune attività didattiche specifiche (indirizzi tecnici o scientifici). Le scuole devono aggiornare i regolamenti e i patti di corresponsabilità, coinvolgendo studenti e famiglie. In caso di violazione, sono previste sanzioni disciplinari che vanno dal richiamo verbale fino al ritiro del dispositivo o sospensioni in casi gravi.
Restano aperte alcune criticità pratiche: la gestione della custodia dei dispositivi, le responsabilità in caso di furto o danneggiamento e la necessità per le famiglie di poter contattare i figli in situazioni urgenti.
Esistono alternative più efficaci al divieto?
La risposta è sì. L’educazione digitale non può essere delegata solo alle famiglie: anche la scuola ha il compito di insegnare un uso consapevole della tecnologia. Questo significa creare regole condivise, non calate dall’alto.
In alcune classi, per esempio, gli studenti hanno costruito insieme agli insegnanti un “patto tecnologico”: stabilire quando i telefoni possono entrare in gioco (per una ricerca, un quiz, un lavoro di gruppo) e quando invece devono rimanere spenti. Questo processo, se condiviso, ha due effetti positivi: riduce i conflitti e aumenta il senso di responsabilità dei ragazzi. Quando sentono che le regole sono anche le loro, sono più portati a rispettarle.
Qual è il ruolo degli insegnanti nella gestione dei cellulari?
Il ruolo degli insegnanti non è solo “controllare” ma accompagnare gli studenti a sviluppare senso critico. Questo richiede tempo e coerenza, ma porta risultati.
Un esempio concreto viene da una scuola di Torino. Alcuni docenti hanno iniziato a usare il cellulare come strumento didattico: per creare video brevi sugli argomenti di scienze, per risolvere quiz in tempo reale, per cercare articoli da discutere in classe. Dopo un periodo di rodaggio, gli studenti hanno capito che il telefono non era più un oggetto “proibito” da usare di nascosto, ma uno strumento di lavoro. Le distrazioni sono diminuite, e allo stesso tempo è cresciuta la motivazione.
Perché educare all’uso consapevole è più efficace del divieto?
Il problema non è il cellulare in sé, ma come viene usato. Proibire significa rimuovere il sintomo senza affrontare la causa. Educare, invece, significa fornire strumenti per scegliere. I ragazzi devono imparare che c’è un tempo per chattare e un tempo per studiare, che ci sono spazi in cui il telefono è utile e altri in cui deve essere spento.
La scuola ha la possibilità di trasformare i cellulari da nemici a risorse. Non è un percorso semplice, ma è l’unico che permette di costruire fiducia e responsabilità. Vietare può sembrare più veloce, ma non insegna nulla per il futuro. Accompagnare, invece, prepara i ragazzi a gestire la tecnologia anche fuori dalle mura scolastiche, dove non ci saranno regole scritte da rispettare.
Luciano Guazzi